L'Italia perde il 66% delle zone umide

Domani è la Giornata mondiale delle zone umide, gli ecosistemi più a rischio del Pianeta e al contempo eccezionali ambienti ricchi di biodiversità.
Le zone umide sono bacini naturali e artificiali permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata, incluse le aree marine la cui profondità non supera i sei metri durante la bassa marea.

La giornata dedicata alle zone umide è un’ importante occasione finalizzata alla conoscenza, alla valorizzazione e in particolar modo alla tutela di questi straordinari ecosistemi.

Il primo trattato internazionale che garantì la conservazione delle risorse naturali fu la Convenzione Ramsar, stipulata nel 1971 nella cittadina iraniana di Ramsar. La convenzione ha un’importanza internazionale soprattutto per gli habitat degli uccelli acquatici come il fenicottero (Phoenicopterus), il cormorano (Phalacrocorax carbo) le anatre e di diversi uccelli trampolieri.

Il 90% delle aree umide sono sparite nell’ultimo secolo. Secondo la Commissione europea, fra il 1950 e il 1985, le perdite maggiori si sono verificate in Francia (67%), in Italia (66%), in Grecia (63%), in Germania (57%) e Olanda (55%).
In Italia ci sono 52 siti Ramsar. Dei circa 3 milioni di ettari originari, all’inizio del ventesimo secolo ne rimanevano 1.300.000 ettari, fino a precipitare ai 300mila ettari nel 1991. Oggi ne restano lo 0,2%, tra aree interne e marittime.

L’esigenza della tutela di queste zone umide è importante soprattutto perché sono una preziosa riserva idrica, producono il 24% del cibo del Pianeta e permettono la vita di molte specie animali e vegetali.

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