A proposito di nucleare

Amory Lovins scriveva nel 1979 “L’energia nucleare è morta come può considerarsi morto un brontosauro con la spina dorsale spezzata”. Il sogno nucleare non è mai stato molto razionale. Per far fronte con l’energia nucleare a ¼ del fabbisogno energetico degli USA occorrerebbe ordinare un reattore da 1000 megawatt ogni 4,7 giorni ( più di 130 miliardi di dollari all’anno).

L’energia nucleare si sta dimostrando fuoco di paglia. Sempre scriveva Lovins “ E’ un modo molto comodo per rimpolpare la liquidità dell’industria privata con il denaro pubblico”: Un po’ quello che succede con gli inceneritori. Dice in sintesi il noto studioso che ha partecipato, recentemente, a Milano ai lavori del Kyoto Club, il nucleare concentra il potere politico nelle mani degli oligopoli privati e della burocrazia. Il controllo dei materiali nucleari e la custodia delle immense reti distributive comportano erosione delle liberta civili. La scelta del nucleare mette autorità centrale contro le autonomie locali. Inoltre, costituisce la struttura portante della proliferazione di bombe atomiche. E’ foriera di diseconomie di scala : ogni centrale sottrae all’economia quattromila posti di lavoro. L’immobilizzazione di miliardi di dollari per 12 e 30 anni grava sull’inflazione.

Le centrali nucleari – dice Lovins- sono un cattivo affare. Invece, al contrario la strada verso le energie dolci può contribuire alla soluzione di molti conflitti, perché offre vantaggi a tutti : lavoro ai disoccupati, capitali per imprenditori, protezione dell’ambiente per gli ecologisti, possibilità di innovazione per i piccoli imprenditori, riconversione per i grandi, risparmio per i consumatori, distensione per gli internazionalisti, indipendenza energetica per chi ama l’autosufficienza, rinascita di valori spirituali, recupero di virtù care agli anziani come il risparmio, diritti civili ove sono erosi.

La strategia energetica dolce urta contro gli interessi di breve termine. E’ lungimirante. Con lo sviluppo delle energie dolci si possono raggiungere obiettivi ambiziosi

raddoppiare l’efficienza negli usi finali con piccoli cambiamenti di stili di vita

ridurre il consumo pro-capite di energia primaria

ridurre di 1/3 i consumi, senza modificare il benessere

Le tecnologie dolci sono flessibili, durature, affidabili e benigne

E’ la struttura tecnica e socio-politica del sistema energetico che rileva, ed è elemento di differenza, non la quantità di energia usata..

Le tecnologie dolci si basano su flussi di energia rinnovabile presenti ed attivi ; consumano reddito invece di capitale energetico non ricostituibile, sono differenziate, sono a contenuto tecnologico basso, sono adeguate alle esigenze finali in rapporto alla qualità dell’energia prodotta.

Oggi stiamo impiegando elettricità e combustibili di qualità per usi nei quali il loro alto valore energetico è superfluo, costoso e fonte di spreco. La scelta dolce che è di prossimità elimina le perdite della conversione e della distribuzione. Il benessere sociale sarà più ampio con la scelta dolce , rispetto alla strategia dura. Inoltre, con l’affermazione di tecnologie dure si sviluppa una tendenza politicamente pericolosa, perché pone gli utenti dell’energia in conflitto con quelli che la producono e la distribuiscono. In un’epoca di penuria è saggio il tentativo di sostituire bisogni astratti ( e dunque illimitati) con bisogni concreti ( e quindi ragionevolmente limitati).

Il rischio – scrive Lovins- che “ nasca un fascismo dal volto umano, una società controllata e governata da un complesso invisibile e ramificato di burocrazie militari, assistenziali, manageriali, poliziesche supportate da una ideologia tecnocratica” è evidente. A fronte di tutto questo non ci resta che impiegare con parsimonia quel che resta della rete dei combustibili fossili, per arrivare ad una transizione più diretta possibile verso le fonti dolci e sostenibili che costituiscono il patrimonio energetico naturale.

L’Assessorato ambiente del Comune di Reggio E. ha elaborato un piano energetico comunale che ha due obiettivi fondamentali : il rispetto degli obiettivi di Kyoto e cioè , per la città di RE la riduzione di 326.000 tonnellate di CO2 all’anno e l’avvio di una strategia verso l’autosufficienza energetica.

Abbiamo analizzato i bisogni energetici nei settori civile, industriale, della PA, dei trasporti, del mondo agricolo e il piano energetico comunale indica le azioni per ridurre la produzione di CO2, calcolandole esattamente per settore considerato, attraverso efficienza energetica, fotovoltaico, solare-termico. Micro-cogenerazione, mini-ecolico , biomasse sostenibili con piccoli impianti da 0,5 a 1 megawatt ( scarti da attività agricola), nonché costi e investimenti K/Euro. Maurizio Pallante consulente del piano redatto dall’ Ing. Bizzarri, indica anche che l’obiettivo prioritario deve essere la riduzione dei consumi e l’ottimizzazione della domanda energetica e l’eliminazione degli sprechi. Più che rispolverare l’energia nucleare, come sta facendo il Governo, dalle città può invece venire la spinta a redigere un vero e proprio piano energetico comunale, in un’ottica ampia che valuti il contesto regionale. Il Dipartimento di energia ed innovazione del Regno Unito ha effettuato uno studio che dimostra che, se si costruissero su abitazioni, edifici pubblici, industrie, micro-impianti di micro-cogenerazione, micro-eolico, solare, fotovoltaico e biomasse a filiera corta si potrebbe produrre energia quanto 5 centrali nucleari, senza rischi per la salute, l’ambiente e la democrazia.

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