ARCHEOMAFIE. Largo ai tombaroli

Con due emendamenti (n.2076 e n.2077) alla Finanziaria, denominati Riemersione di beni culturali in possesso di privati, l’onorevole Gabriella Carlucci propone un condono per il possesso illecito di reperti archeologici e opere d’arte, riesumando una proposta che aveva già avanzato in Parlamento nel 2004 assieme al suo collega Gianfranco Conte e ad altri deputati. Quattro anni fa la proposta fu poi ritirata, ripresentata come emendamento alla Finanziaria 2005 e alla fine fortunatamente bocciata, sia per le aspre critiche che aveva provocato sia per il provvidenziale intervento dell’allora ministro per i Beni e le Attività Culturali Giuliano Urbani. Anche nell’emendamento presentato i giorni scorsi la motivazione, ripresa anche nel titolo, è la riemersione di beni culturali in possesso di privati (e qui l’onorevole Carlucci dimentica di aggiungere l’avverbio illecitamente). In realtà questa riemersione spalanca di fatto le porte ai tombaroli, legalizzando gli scavi clandestini e i traffici internazionali delle archeomafie a danno del patrimonio culturale degli italiani. Si propone, infatti, che i privati possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni mobili di interesse archeologico antecedenti a 1476 d.C., non denunciati né consegnati a norma delle disposizioni del Codice dei Beni Culturali, ne acquisiscono la proprietà mediante comunicazione alla Soprintendenza competente per territorio. La proposta non subordina l’acquisizione della proprietà né al parere favorevole della Soprintendenza, né alla necessità di fornire alle autorità una documentazione che attesti la provenienza lecita delle opere. L’emendamento stabilisce semplicemente che, con l’eccezione degli oggetti che la Soprintendenza dichiari di particolarissimo interesse culturale (concetto non meglio definito), tutti gli altri possono essere oggetto di attività contrattuale a titolo gratuito o oneroso, e la loro circolazione è libera, in deroga alle disposizioni del Codice, in particolare del Capo IV, sez. I (circolazione nel territorio nazionale) e del Capo V, sez. I-II (uscita dal territorio nazionale). È sufficiente che il dichiarante attesti il possesso o la detenzione in buona fede e versi come risarcimento una piccola somma, neppure calcolata in base al valore storico, artistico e archeologico dei manufatti, ma solo in base alla quantità di oggetti, da un minimo di 300 euro a un massimo di 10.000 euro. La scelta normativa si raggiungerebbe un obiettivo: i musei stranieri che hanno ottenuto illecitamente il possesso di beni culturali del nostro paese, potrebbero regolarizzare la loro posizione. Le Convenzioni internazionali, ad oggi stipulate, hanno un senso e vanno in altra direzione.

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