I coralli sono distrutti. L’uomo perde un ecosistema unico

«Sollecitiamo i Governi a garantire un futuro alle barriere coralline attraverso azioni globali per ridurre le emissioni di Co2 e di altre sostanze inquinanti, e migliorare la protezione anche a livello locale». Questo l’appello lanciato dagli scienziati durante l’apertura del XII Simposio internazionale sui reef coralli partito oggi in Australia.

Più di 2.500 scienziati sono concordi nell’adottare misure urgenti per affrontare i danni causati agli ecosistemi corallini, di tutto il mondo, dall’aumento delle temperature e dall’acidificazione dell’oceano, dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento.

Esperti provenienti da 80 Paesi tra i quali Spagna; Argentina; Brasile; Cile; Colombia; Panama; Portogallo e Venezuela si sono dati appuntamento in Australia dove la Grande Barriera Corallina, costituita da 3000 piccoli coralli e da più di 900 atolli, a largo di 2.600 chilometri, richiede una protezione urgente.

Anche in Panama questo grande patrimonio è a rischio. In 2.500 anni i coralli del Pacifico Orientale non sono cresciuti e hanno subito un grave collasso a causa di un cambiamento climatico, iniziato 4000 anni fa, legato al Niño (El Niño-Oscillazione Meridionale, conosciuto anche come ENSO). Questo fenomeno ha influenzato lo sviluppo delle barriere coralline tropicali. Uno studio pubblicato su Science ne ha ricostruito la storia degli ultimi 6.000 anni, confermando un crollo dell’ecosistema di Panama causato da variazioni improvvise dell’ENSO.

I cambiamenti climatici in atto potrebbero distruggere le barriere in modo definitivo. Questa volta, però, la causa principale sarà l’azione dell’uomo sull’ambiente, in particolare l’inquinamento e la pesca eccessiva che rappresentano le minacce più gravi per la vita di questa immensa biodiversità.

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