Jeremy Rifkin

{tab=testo}Innanzitutto vorrei esprimere la mia gratitudine e fare le mie congratulazioni per questa assemblea costituente dell’ Università Verde.

Voglio anche salutare il mio vecchio amico Alfonso, e congratularmi con lui per aver messo insieme questa splendida istituzione, di cui si sentiva il bisogno in un tale momento storico.

Sappiamo di essere a una svolta nella storia della nostra specie, ed è assolutamente necessario creare un piano economico improntato sulla tripla sfida posta dal collasso economico, dalla crisi energetica e dall’attuale impatto dei cambiamenti climatici sul pianeta.

Questa Università Verde può diventare un punto di riferimento, qualcosa a cui guardare per i suoi laboratori in continua evoluzione, un’istituzione che può cominciare a stabilire i quatrro pilastri per l’infrastruttura della terza rivoluzione industriale nel mondo, con l’Italia e l’Europa al centro.

È chiaro che stiamo vivendo il tramonto della seconda rivoluzione industriale, basata sui combustibili convenzionali: petrolio, gas e uranio.

In questo periodo di indebolimento è molto importante riuscire a mettere d’accordo su tutti i fronti la comunità finanziaria, la società civile e i governi per iniziare a convertire le nostre città, le aree extraurbane e tutte le regioni del mondo secondo questo nuovo piano.

Una tattica di questo tipo si basa su quattro pilastri infrastrutturali:

il primo e il più ovvio è quello del passaggio alle energie rinnovabili come il sole, il vento, l’energia geotermica, quella prodotta dal riciclaggio dei rifiuti, dall’agricoltura e dalle foreste, dalle maree oceaniche, dall’acqua.

Queste sono ciò che chiamiamo energie distribuite, in quanto si trovano ovunque, a differenza delle fonti principali (petrolio, gas, uranio), localizzate solo in alcuni luoghi e che necessitano l’impiego di immense forze militari e geopolitiche.

Come sappiamo, l’Unione Europea ha sottoscritto questo primo pilastro, con l’obiettivo del 20% di energia rinnovabile e il 33% di elettricità rinnovabile entro il 2020.

Ora la domanda è: “come raccogliere tutta questa energia distribuita?”

Sappiamo che non riusciremo a costruire abbastanza parchi solari o eolici centralizzati per gestire dal punto di vista energetico il continente europeo.

Sono a favore di energia eolica e solare centralizzata, e so che sono essenziali, ma non sufficienti. Sono solo una transizione.

E la domanda che fanno sorgere è: “Se l’energia rinnovabile è distribuita e virtualmente si trova in ogni punto del pianeta, perché raccoglierla solo in pochi punti?”

Abbiamo bisogno del secondo pilastro strutturale, gli edifici.

Edifici, edifici, edifici!

Abbiamo bisogno di convertire tutti gli edifici in Italia e nel mondo perché possano produrre tutta o parte dell’energia, prendendola dalle fonti rinnovabili che li circondano; il sole dal tetto, il vento dalle pareti, il calore del suolo, la spazzatura eccetera.

Quindi trasformeremo i nostri edifici in centrali elettriche, che saranno il nostro motore.

Ecco come rimetteremo in moto l’economia e fomenteremo una nuova rivoluzione economica.

Ma ora si crea un’altra domanda: “Come immagazzinare tutta questa energia rinnovabile?” Perché nemmeno nel bellissimo meridione d’Italia splende sempre il sole e soffia sempre il vento.

Dobbiamo dotare tutti gli edifici e la rete elettrica europea e italiana di accumulatori di idrogeno, per avere una scorta affidabile di energia rinnovabile.

Intendo che quando il sole batte sul tetto o il vento soffia sui muri, genera elettricità. Se c’è del surplus che non utilizzi in ogni momento, elettrolizzate l’acqua, fatene uscire idrogeno e mettetelo in cellule a combustibile: quando il sole non splende, quell’idrogeno può essere riconvertito in elettricità di scorta.

L’Unione europea ha preso un impegno da 7 miliardi di euro per incrementare lo stockaggio di idrogeno nei suoi 27 paesi nei prossimi 15/20 anni.

Quindi, primo pilastro dell’energia rinnovabile: è distribuita.

Secondo pilastro: visto che si trova ovunque, controlleremo i nostri edifici, milioni e milioni di edifici, case, uffici, fabbriche, parchi tecnologici.

Terzo: accumuleremo l’idrogeno, in modo da avere una scorta affidabile da fonti intermittenti, 24 ore su 24.

E infine il quarto pilastro, ed è qui che diventa interessante.

Prenderemo la stessa tecnologia che ha reso distributiva la tecnologia dell’informazione e della comunicazione, internet, che permette a tutti noi di comunicare con chiunque in tutto il mondo. La tecnologia che è state usata per internet trasformerà nei prossimi 25 anni la rete elettrica italiana, europea e mondiale in una interrete che funzionerà come internet.

Quindi, quando ognuno di noi nel nostro edificio produrrà leggermente di più di quanto avrà bisogno, potremo metterla in comune attraverso questa interrete, così come ci scambiamo oggi informazioni attraverso internet. Questo è ciò che chiamiamo “Power to the people”. Questo è capitalismo distribuito. Chiunque diventa un attore energetico. Scendiamo in campo e diventiamo tutti imprenditori del nostro futuro destino.

Questa terza rivoluzione industriale può cominciare in Italia, che può essere esempio per l’Europa, l’Europa che può essere d’esempio al mondo.

L’Università verde è un’idea fantastica: è per noi un laboratorio per sperimentare le nuove tecnologie, per iniziare a introdurle nel mercato; possiamo sistemare questi quattro pilastri molto velocemente ed entrare in un’era post-carbone, un’era che ci permetta di fronteggiare la crisi mondiale dell’economia, la crisi energetica e l’impatto dei cambiamenti climatici sul pianeta.

Ancora congratulazioni quindi per questa assemblea costituente, per l’Università verde, congratulazioni ad Alfonso per aver realizzato tutto questo. Spero di lavorare presto con voi per entrare nella nuova era del capitalismo distribuito per l’Italia e il resto d’Europa.

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