GRANDI FIUMI: ALLARME SICCITA'

Martedì, 30 giugno 2009

Lo hanno lanciato gli studiosi del National Center for Atmospheric Research (NCAR) in Colorado. Il surriscaldamento globale sta prosciugando i fiumi.
In uno studio divulgato di recente e pubblicato dall’American Meteorological Society’s Journal of Climate, i ricercatori hanno preso in esame circa 925 fiumi del mondo.
Hanno constatato che in poco meno di sessant’anni, dal 1948 al 2004, oltre la metà dei corsi d’acqua ha visto ridotto il proprio livello, in alcuni casi più che dimezzato.
L’alterazione dei ritmi delle precipitazioni e l’aumento del tasso di evaporazione, determinato dalle temperature sempre più elevate, provocano una continua, graduale diminuzione della portata dei fiumi che rappresentano quasi il 73% delle riserve mondiali di acqua dolce superficiale.
La mappa del rischio interessa soprattutto le regioni subtropicali del pianeta: il Niger nell’Africa Occidentale, il Gange in India, il Fiume Giallo in Cina ed anche il Colorado negli Stati Uniti.

L’allarme è particolarmente grave in Africa, dove è a rischio l’approvvigionamento di acqua e cibo in zone densamente popolate e già molto provate da siccità e carestie.
Solo il Fiume Azzurro in Cina ed il Brahmaputra in India, che nascono dalla catena dell’Himalaya, sono risultati stabili nel periodo in questione. Ma gli studiosi sono preoccupati anche di questo. Anch’essi potrebbero iniziare a disseccarsi proprio per il progressivo scioglimento dei ghiacci himalayani che li alimentano.

Di questo preoccupante fenomeno i cambiamenti climatici sono la maggiore delle cause ma non l’unica. Anche l’uomo interviene direttamente sulla portata dei fiumi intercettandone l’acqua con deviazioni e dighe, per sfruttarla in agricoltura o per l’industria. Ciò rende più serio il rischio di siccità proprio dove l’acqua è un bene primario per la sopravvivenza delle popolazioni.

La diminuzione della portata dei fiumi incide anche sull’equilibrio degli oceani. La quantità di acqua dolce confluita nell’Oceano Pacifico è diminuita del 6%, cioè 526 chilometri cubi, circa la portata annuale del Mississippi, mentre nell’Oceano Indiano l’acqua dolce immessa si è ridotta del 3%. Questo incide sulla salinità e sulla temperatura dei mari, con effetti imponderabili sugli ecosistemi e con riflessi sempre meno trascurabili anche sul clima globale.

M.V.

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