Impatto degli OGM nell’agricoltura nazionale

di Claudio Malagoli

Università di Scienze Gastronomiche, Pollenzo/Bra (CN)

Gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) rispondono ad obiettivi di sviluppo sostenibile per il territorio rurale e contribuiscono o meno al mantenimento dell’attività agricole in aree meno dotate da un punto di vista delle capacità produttive dei terreni (aree marginali di collina e di montagna).

Trattasi di una problematica di estrema importanza, in quanto da sempre l’agricoltura svolge un ruolo di rilievo per la nostra società. Da un lato essa è fonte rinnovabile di beni di consumo, siano essi alimentari e non, dall’altro costituisce l’unica attività che consente di “presidiare” costantemente il territorio, impedendo fenomeni di dissesto idrogeologico e fenomeni legati al degrado dell’ambiente antropizzato. In particolare, in un’ottica di sviluppo sostenibile le principali attività che l’agricoltura, e l’agricoltore, deve assicurare alla collettività possono essere riassunte nelle seguenti:

–      produzione di derrate agricole;

–      fornitura di materie prime per altri settori economici;

–      presidio del territorio;

–      manutenzione del territorio;

–      tutela della flora e della fauna;

–      conservazione della biodiversità;

–      riciclo degli effetti ambientali negativi prodotti da altre attività produttive o di consumo sul territorio (assestamento del territorio, immobilizzazione dell’anidride carbonica, ecc.);

–    conservazione del paesaggio e del territorio rurale;

–    conservazione di elementi culturali tradizionali;

–    conservazione di tecniche di trasformazione e di pratiche gastronomiche tradizionali.

Pertanto, la nostra Società ha bisogno della presenza dell’agricoltura e dell’agricoltore sul territorio rurale e dovrà adottare politiche agrarie in grado di proteggere il suo reddito, al fine di consentire la permanenza di questa attività anche in aree marginali (di collina, di montagna), che non possono certo competere sulla base dei bassi costi di produzione, ma che possono essere competitive solo sulla base di presupposti di qualità dei prodotti che offrono sul mercato. In particolare, secondo i dati dell’ultimo censimento (2010), l’agricoltura nazionale è attuata su una superficie complessiva di 30.132.858 ettari, dei quali 12.543.385 ubicati in collina (41,6%), 10.611.208 in montagna (35,2%) e 6.978.265 in pianura (23,2%). Pertanto, se escludiamo talune aree particolarmente vocate per la viticoltura o per la frutticoltura, gran parte del territorio nazionale è caratterizzato dalla presenza di una agricoltura, che potremmo definire di sussistenza, attuata in aree marginali, che non possono certo competere per produttività con quelle fertili di pianura.

Interessante, al fine di acquisire una consapevolezza dell’evoluzione in corso, è l’analisi relativa all’evoluzione del numero delle aziende agricole per zone altimetriche, secondo i dati scaturiti dai censimenti dell’agricoltura del 1982 e del 2010. Dal loro confronto si evince che complessivamente le aziende agricole sono passate nel corso di un trentennio da 3.133.118 a 1.620.884, con una diminuzione del (48,3%). In particolare, quelle di pianura sono calate del 42,2%, quelle di collina del 46,7% e quelle di montagna del 59,7%. Tale evoluzione è un segno inequivocabile della deruralizzazione del territorio rurale delle aree marginali del nostro Paese, con tutto ciò che ne può conseguire da un punto di vista della conservazione del territorio.  E’ indubbio che questa deruralizzazione sia in relazione con le difficoltà reddituali delle aziende agricole delle aree marginali, accentuate dalla concorrenza esercitata dalle produzioni di pianura e dalle importazioni provenienti da Paesi che hanno costi di produzione inferiori ai nostri.

Dalle suddette considerazioni si evince che l’aspetto economico rappresenta un elemento di estrema importanza per il mantenimento dell’attività agricola sul territorio rurale, per cui occorrerà verificare l’impatto che le moderne biotecnologie transgeniche potranno avere sul reddito dell’azienda agricola. In particolare, alcuni dubbi sorgono in merito al mantenimento della sua competitività sul mercato internazionale. L’agricoltura italiana si caratterizza per la presenza di aziende agricole di modeste dimensioni, che non possono certo permettersi l’acquisto di macchinari specifici per una determinata coltura, per un costo dei fattori produttivi molto elevato (terra e manodopera soprattutto) e per limitazioni di carattere ambientale in merito all’utilizzazione di determinati fattori della produzione (concimi, antiparassitari, ecc.). Come potrà competere la nostra agricoltura, anche se saranno introdotte le piante transgeniche, con l’agricoltura americana o argentina, dove aziende agricole di migliaia di ettari sono alla continua ricerca dell’automazione del processo produttivo (e le piante transgeniche costituiscono il primo passo per ottenerla)? Come potrà farlo, se consideriamo che il processo produttivo sarà controllato dai satelliti e dove l’intervento dell’uomo sarà quasi nullo? Trattasi di un problema reale che potrebbe contribuire alla scomparsa dell’agricoltura dai territori marginali, alimentando fortemente tutte quelle problematiche connesse alla conservazione ed alla tutela del territorio. E’ senza dubbio un argomento che rappresenta una delle frontiere più interessanti e nello stesso tempo più inquietanti della vita contemporanea, uno dei campi in cui scienza, ricerca, tecnologia ed etica si intrecciano, dando vita a problematiche, spesso sconosciute, che con ogni probabilità si ripercuoteranno a lungo sullo sviluppo della nostra società e su quello delle generazioni future.

In basso è possibile scaricare l’articolo completo:

IMPATTO DEGLI OGM NELL’AGRICOLTURA NAZIONALE.pdf

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