Fukushima come Chernobyl?

L’incidente nucleare accaduto a Fukushima può essere paragonato a quello di Chernobyl anche se con diverse modalità. Quello di Chernobyl si è verificato con un’unica grande esplosione e ha avuto una durata di una decina di giorni, quello di Fukushima è avvenuto con minori esplosioni e si è protratto per circa 30 giorni.

La ricerca internazionale, apparsa su Atmospheric Chemistry and Physics, ha cercato di definire l’importanza dell’incidente in relazione alle quantità complessive di radioattività liberate, considerando in particolare solo due radionuclidi di riferimento, lo Xe-133 e lo Cs-137.

L’analisi delle emissioni radioattive è partita dai dati di radioattività misurati in Giappone, USA ed Europa e ha esaminato a ritroso i processi di trasporto e diffusione atmosferica e di deposito al suolo della “nube radioattiva” rilasciata durante l’incidente, utilizzando le carte meteorologiche al suolo e in quota di quel periodo.

Sono stati valutati proprio questi due radionuclidi perché lo Xe-133 è un gas nobile estremamente volatile che disperdendosi rapidamente nella media e alta atmosfera non determina conseguenze rilevanti dal punto di vista sanitario. La presenza del Xe-133, dunque, è utile per raccogliere valide informazioni sull’entità dell’incidente avvenuto.

Gli studi condotti hanno messo in luce che le emissioni di questo gas a Fukushima sono state più del doppio (sedicimilioni e settecentomila) rispetto a quelle rilasciate a Chernobyl.

Il Cs-137, a differenza del gas nobile Xe-133, è liquido e si deposita al suolo per sedimentazione o attraverso le precipitazioni. Ha un tempo di dimezzamento di circa 30 anni e quindi se inalato o ingerito comporta serie conseguenze per l’intero ecosistema.

Solo il 19 % di Cs-137 è ricaduto al suolo, mentre l’81% si è depositato al di fuori dei confini giapponesi, nelle acque marine (prima nell’oceano Pacifico, poi nell’oceano Atlantico fino ad arrivare in Europa e negli Usa). Rispetto alle emissioni di Cs-137 avvenute a Chernobyl quelle di Fukushima sono meno della metà, circa il 42%.

Tali ricerche dimostrano che, nonostante alcune differenze quantitative relative agli isotopi radioattivi, le due esplosioni nucleari possono essere considerate quasi della stessa entità.

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